introduzione

Il tuo amico Ibrahim è marocchino, eppure con lui vai d’accordo.

Si, ma lui lo conosco!

Questa guida di primo intervento nasce dall’esigenza espressa da insegnanti delle scuole secondarie e operatori del sociale di ricevere un supporto nella gestione di casi controversi e narrative polarizzanti durante il loro lavoro con giovani/studenti/accolti.

Durante gli anni dell’adolescenza, i giovani si trovano in un momento di crescita e sviluppo alla cui base si colloca un processo di costruzione identitaria in termini di credenze, valori, motivazioni e personalità. Si tratta di una fase della vita ricca di sfide all’interno di un mondo interconnesso e complesso che può portare a difficoltà di orientamento e alla ricerca di modelli culturali e valoriali forti in grado di guidarli all’interno di realtà sociali caratterizzate da differenze di natura ideologica, religiosa, sociale, etnica, di genere… Uno scenario in movimento che è sovente costellato da incertezze, paure, sensi di colpa e ansie che possono essere sfruttati da individui e organizzazioni estremiste per proporre, ai soggetti più vulnerabili, narrazioni polarizzanti basate su una divisione “Noi Vs loro” del mondo che individuano, attraverso l’utilizzo di stereotipi e teorie cospirative, capri espiatori per i disagi, le sofferenze e i problemi presenti all’interno delle nostre società.

Insegnanti e operatori del sociale si trovano in prima linea nell’ intercettare queste narrazioni, cogliere i disagi dei più giovani e offrire loro un’alleanza per imparare a dialogare e a fronteggiare le complessità organizzando percorsi educativi idonei. In molti casi, purtroppo, le interviste realizzate per questo progetto segnalano un senso di solitudine da parte di tali professionisti: «mi chiedo come posso intervenire avendo un incontro a settimana», «facciamo fatica ad affrontare queste situazioni», «non c’è abbastanza tempo né preparazione psico-pedagogica per affrontare alcune tematiche», «mancano strumenti di comunicazione», «C’è una delega all’esterno», «I ragazzi, comunque, ci vedono come dei professori», «nel caso di problemi non si sa bene da chi farsi aiutare»… Anche per tali ragioni, le linee guida proposte in questo manuale raccolgono situazioni specifiche riscontrate dai professionisti intervistati, nel tentativo di dare risposte a casi reali avvenuti all’interno del mondo scuola o al di fuori di esso nel lavoro con studenti/giovani/accolti. Per ogni caso riscontrato, sono stati forniti alcuni suggerimenti di primo intervento.

La scuola, gli insegnanti e gli operatori del sociale non possono certamente dare risposta a tutte le istanze dei giovani ma inevitabilmente, come parte del loro lavoro, si trovano a dovere comprendere quali siano i bisogni e i nuclei problematici che coinvolgono le ragazze e i ragazzi con cui si interfacciano. Problematiche e bisogni che, se non affrontati tempestivamente, possono alimentare crisi identitarie, dispersione scolastica nonché la ricerca, da parte dei giovani, di risposte alle loro domande al di fuori della sfera scolastico-educativa, attraverso canali e fonti meno controllati e meno affidabili.

Le situazioni controverse che abbiamo raccolto attraverso l’analisi della letteratura esistente in materia e le interviste a insegnanti e operatori del sociale in Italia sono state suddivise in tre macroaree: Vivere insieme, Relazioni di genere, Identità e società. Secondo i professionisti intervistati, tali situazioni conflittuali nascevano, oltre che da problemi familiari, disagi esistenziali e ricerche identitarie, anche da problemi di ordine comunicativo-relazionale (povertà di linguaggio e di strumenti di espressione). L’impoverimento del linguaggio nei più giovani è, in effetti, un fenomeno che appare essere in espansione. Una povertà che, secondo i dati offerti dalla ricerca in campo criminologico, è anche una caratteristica costante dei giovani più violenti i quali sembrano possedere strumenti linguistici scarsi e inefficaci per comunicare se stessi. A questo proposito, Gianrico Carofiglio afferma che chi non ha i nomi per dire la sofferenza la agisce, la esprime volgendola in violenza con le conseguenze nefaste che vediamo.[1] Una povertà comunicativa che, in breve, si trasforma in un doloroso soffocamento delle emozioni che, infine, può sfociare in forme di violenza (siano esse fisiche o verbali).

Sulla scorta di queste riflessioni, l’invito al dialogo costante con i giovani (e con le loro famiglie), con i colleghi, con il dirigente scolastico, con educatori, psicologi e mediatori culturali, così come l’attenzione nel dotare i giovani di strumenti critici e comunicativi adeguati sono parte integrante di pressoché tutte le raccomandazioni e i suggerimenti proposti in questa guida all’interno delle varie situazioni individuate. Come affermato da Edith Stein, «chi non sa esprimersi è quasi prigioniero della sua anima: non può muoversi liberamente né raggiungere gli altri».[2]

Per arricchire ulteriormente le possibilità di dialogo, nella sezione “A chi rivolgersi?” di questa guida abbiamo inserito un elenco di organizzazioni e associazioni italiane che possono costituire un utile strumento di confronto per approfondire, con i propri giovani/studenti/accolti, tematiche che necessitano dell’intervento di esperti. Coinvolgere gruppi ed esperti esterni nella gestione delle situazioni controverse raccolte in questa guida è molto importante per collocare i temi di discussione sul giusto piano di complessità. In molti casi, infatti, le testimonianze raccolte parlano di conflitti scaturiti da una semplificazione dei dati del reale, da una riduzione della complessità in narrazioni semplicistiche e non supportate da nozioni in materia. Anche la reazione negativa al cosiddetto “diverso” si nutre spesso di idee stereotipate in materia di diversità culturale, idee che costituiscono una mappa cognitiva volta a facilitare la descrizione e la presunta comprensione di fatti complessi riguardanti cittadini stranieri, membri di altre religioni, migranti ecc. Sono emblematiche, a questo proposito, alcune frasi di giovani/studenti/accolti che insegnanti e operatori del sociale hanno riportato durante le interviste. Frasi come «Il tuo amico Ibrahim è marocchino, eppure con lui vai d’accordo». «Si, ma lui lo conosco!» oppure «Ma lui è Omar!» mettono in luce come, in alcuni casi, diffidenze e stereotipi nascano proprio da uno scarso approfondimento conoscitivo delle tematiche in questione. Inoltre, è utile ricordare, come già brevemente accennato, che i gruppi estremisti e i gruppi terroristici, per le loro attività di reclutamento, utilizzano narrazioni che descrivono il mondo attraverso un codice binario composto da un linguaggio volutamente molto semplice e basato su categorie quali giusto o sbagliato, vero o falso, bianco o nero, senza alcun riguardo per la complessità del reale la quale non permetterebbe loro di apparire altrettanto chiari, netti e seducenti agli occhi e alle orecchie degli individui più vulnerabili.

Nella sezione “Annessi”, infine, abbiamo raccolto materiale utile per approfondire alcune tematiche, segnali di allerta e ottenere maggiori informazioni in merito alla possibile gestione di specifiche situazioni controverse per insegnanti e operatori del sociale nel loro lavoro con i giovani.

Questa guida, lo abbiamo detto, si propone di costituire un ausilio di primo intervento per insegnanti e operatori del sociale affinché, attraverso lo scambio di buone pratiche e di esperienze derivanti dal settore, essi possano trovare alcune linee guida utili a reagire di fronte a situazioni di non facile gestione relative al processo di crescita di giovanissimi e adolescenti. Il disagio adolescenziale «rappresenta un modo di crescere del soggetto che nei suoi momenti evolutivi, attraverso tale fenomeno esprime il suo bisogno che è sempre fortemente legato alla sua ricerca di identità».[3] Ascoltare i giovani, dialogare con essi, confrontarsi con i colleghi e fare rete è alla base di ogni intervento di successo in questo ambito.

[1] G. Carofiglio, La manomissione delle parole, Rizzoli, Milano 2018, p. 18 e ss.

[2] E. Stein, La Donna, Città Nuova, Roma, 2005, p. 255.

[3] S. Calaprice Muschitiello, Formazione, Lavoro, Soggetti deboli. La formazione dei formatori professionali. Un’ipotesi di percorso, Edizioni Giuseppe Laterza, Bari, 2000.

 

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